Il nosocomio bergamasco è la prima struttura sanitaria locale a essere dotata di un ecografo di nuova generazione per migliorare le diagnosi tumorali alla prostata.
Bergamo, 9 febbraio 2017 – Da qualche giorno e’ a disposizione degli specialisti urologi del Papa Giovanni XXIII un ecografo di ultima generazione dotato di uno speciale software che consente di sovrapporre le immagini ottenute con la risonanza magnetica a quelle ecografiche per migliorare la diagnosi dei tumori alla prostata. Tale nuova tecnica diagnostica prende il nome di “fusion biopsy“, che consentirà una visualizzazione in 3 D delle lesioni alla prostata e una riduzione del numero di biopsie non necessarie. Il nuovo ecografo e’ frutto del gesto nobile compiuto dall’Associazione Oncologica Bergamasca, dei volontari e dei suoi numerosi sostenitori, che hanno donato l’ospedale di tale macchinario.
L’AOB Onlus, infatti, è da anni vicina al Papa Giovanni e ai suoi pazienti oncologici, attraverso il suo sostegno e iniziative di sviluppo di progetti e servizi di ricerca, ascolto, assistenza e informazione, alla donazione di nuove apparecchiature, fino all’organizzazione di eventi per sensibilizzare i cittadini sull’importanza di adottare corretti stili di vita.
Ma vediamo meglio che cos’e’ la “fusion biopsy”.
La “fusion biopsy”, e’ una metodica che consente all’urologo di essere guidato durante la biopsia da un’immagine in 3D, delineando il tragitto che l’ago deve compiere per arrivare alla lesione sospetta. L’immagine “guida” viene creata partendo dai dati della risonanza magnetica, eseguita in precedenza, che vengono sovrapposti in tempo reale alle immagini ecografiche.
«Poter unire le immagini della risonanza con quelle dell’ecografo – ha spiegato Luigi Da Pozzo, direttore dell’Unità di Urologia del Papa Giovanni XXIII – ci consentirà di eseguire biopsie mirate sulle lesioni veramente sospette e di diagnosticare pertanto le neoplasie clinicamente significative. Si stima infatti che alla biopsia prostatica – ha proseguito l’urologo – eseguita con la tecnica tradizionale con prelievi multipli, sfuggano fino al 25% dei tumori clinicamente significativi. Al contrario, l’aumento del numero di prelievi effettuati – ha concluso Da Pozzo – comporta la diagnosi di un maggior numero di tumori piccoli e di scarso significato clinico».
La fusion biopsy si è affermata grazie ai progressi fatti dalla risonanza magnetica nucleare negli ultimi anni, che ha dimostrato enormi potenzialità nella diagnosi del tumore della prostata. Essa verrà utilizzata anche nel follow-up dei pazienti in “sorveglianza attiva”, ossia nei pazienti cui è stata diagnosticata una neoplasia prostatica a basso rischio di evoluzione, e sottoposti solo a controlli periodici.
«L’utilizzo di magneti più potenti e la migliore risoluzione delle immagini – ha chiarito Sandro Sironi, direttore della Radiologia del Papa Giovanni XXIII e docente dell’Università di Milano Bicocca – hanno contribuito a rendere la risonanza magnetica la metodica migliore per la diagnosi del tumore prostatico, perché consente di individuare le lesioni con caratteristiche di maggior aggressività. La disponibilità al Papa Giovanni di un’attrezzatura a 3 tesla, cioè con intensità di campo magnetico molto elevato – ha proseguito Sironi – ci consente di eseguire indagini particolarmente raffinate, che fanno parte di un importante protocollo di ricerca clinica già in corso, finalizzato alla diagnosi precoce della neoplasia prostatica in collaborazione con l’Urologia».
«La biopsia di fusione, aumentando l’accuratezza nel diagnosticare tumori più aggressivi – ha spiegato Marco Roscigno, urologo del Papa Giovanni XXIII, team leader della Prostate Unit del Papa Giovanni XXIII e membro del gruppo di lavoro che ha steso le linee guida nazionali sulla biopsia prostatica – garantisce anche una miglior valutazione dei pazienti in sorveglianza attiva. Il protocollo internazionale di riferimento a cui aderiamo – ha continuato Roscigno – prevede infatti biopsie prostatiche periodiche, per valutare la stabilità della malattia e indirizzare il paziente verso il trattamento più appropriato».
Il Papa Giovanni XXIII ha già organizzato per i pazienti in sorveglianza attiva l’applicazione di un PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale), anche con l’obiettivo di portare avanti uno studio prospettico finalizzato a validare l’efficacia della risonanza magnetica nel follow-up di questi pazienti.
«Con la donazione di questa apparecchiatura – ha sottolineato Nunzio Pezzotta, presidente dell’Associazione Oncologica Bergamasca Onlus – si completa il nostro Programma attività 2016 che ha visto A.O.B. affiancare l’Ospedale di Bergamo con una complessa serie di iniziative con un impegno economico di oltre 400.000 euro ai quali se ne aggiungono altri 180.000 a disposizione del Ce.R.Mel – Centro di Ricerca e cura del Melanoma. Anche questo ecografo, la più moderna apparecchiatura che la tecnologia medica mette oggi a disposizione per la diagnosi del tumore alla prostata – ha proseguito Pezzotta – testimonia la concretezza dell’operato di A.O.B. nel dare risposte tangibili ai bisogni delle persone toccate dal cancro. Una donazione all’Unità di Urologia – ha concluso il presidente – che risponde pienamente alla mission dell’Associazione: evita disagi e sofferenze alle persone, consentendo accuratezza di esecuzione e una migliore valutazione con biopsie mirate e diagnosi precise, e migliora il livello di assistenza promuovendo lo sviluppo di competenze e professionalità a tutto vantaggio dei malati oncologici».
La neoplasia prostatica è il tumore solido più frequente nell’uomo. Nel 2016 la Prostate Unit del Papa Giovanni XXIII – il gruppo multidisciplinare che gestisce i pazienti con diagnosi di neoplasia prostatica, composto da urologi, radioterapisti, oncologi e anatomopatologi – ha valutato circa 400 pazienti affetti da neoplasia prostatica. Di questi, circa 150 sono stati sottoposti a prostatectomia radicale, circa 90 sono stati sottoposti a radioterapia, circa 40 sono stati inseriti nel protocollo di sorveglianza attiva.
«Grazie all’Associazione Oncologica Bergamasca, ai suoi volontari e sostenitori – ha evidenziato Carlo Nicora, diettore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII – per la fiducia e la generosità che da anni ci dimostrano con progetti e donazioni mirati a soddisfare bisogni concreti dei nostri pazienti e migliorare il nostro lavoro. Questa tecnologia ci fa fare un ulteriore passo avanti verso cure sempre più precise e appropriate per i nostri pazienti – ha concluso Nicora – e ci consente di proseguire il nostro lavoro di ricerca che va sempre di pari passo con quello clinico e assistenziale».