Ogni anno , nel mondo, circa 700 mila persone perdono la vita a causa di germi multi-resistenti agli antibiotici.
15/04/2017
E’ in atto un piano ministeriale per combattere l’antibiotico resistenza prodotta dall’uso sfrenato di antibiotici, sia per uso umano sia per quello animale degli allevamenti intensivi. Ma anche un piano, cosiddetto, “salva-carbapenemi”. Queste sono le misure che adotterà, a breve termine, il nostro Governo per arginare il fenomeno dell’antibiotico resistenza, che vede l’Italia al terzo posto, dopo Grecia e Turchia, nella classifica dei Paesi europei con percentuali di resistenza più elevate.
Ma cosa sono i carbapedemi?
I carbapenemi sono una classe di antibiotici ad ampio spettro d’azione con struttura ad anello β-lattamico. Più precisamente la struttura chimica dei carbapenemi contiene il 2,3-diidro-1Hpirrolo. Essi sono attivi nei confronti di molti batteri Gram positivi e Gram negativi, aerobi ed anaerobi.
Sono utilizzati esclusivamente in ambiente ospedaliero nelle infezioni gravi e sensibili al farmaco specifico, verificando la sensibilità tramite antibiogramma al fine di evitare l’insorgenza di resistenze. Alcune tipologie di batteri sono divenuti resistenti ai carbapenemi, tra questi vi sono alcuni ceppi di enterobatteri, Klebsiella pneumoniae,Stenotrophomonas maltophilia, Pseudomonas aeruginosa e Proteus mirabilis.
Tali dati sono emersi nelle recenti conferenze tenutesi a Roma e Milano, dal titolo: “Stato dell’arte dell’antimicrobial stewardship: esperienze regionali” dove si sono confrontati Istituzioni, clinici, microbiologi e manager della salute a livello regionale per fare il punto sull’antimicrobial stewardship e cercare soluzioni condivise per lo sviluppo di modelli virtuosi simili a quelli messi in atto dall’Olanda (One Health).
L’Italia è dunque maglia nera, ma il problema è globale. Nel nostro paese tale fenomeno è andato raddoppiando passando da una media del 16,17% nel 2005 al 33-34% in meno di 10 anni, tanto che oggi 1 paziente su 10 va incontro a un’infezione batterica multiresistente. Tuttavia, il problema è globale e le previsioni in caso di mancato intervento sono “catastrofiche”: se attualmente nel mondo ogni anno 700 mila persone perdono la vita a causa di germi multi-resistenti, in assenza di adeguate misure di contrasto, si stima che entro il 2050 si arriverà a 10 milioni di vittime.
A fare il punto sulla resistenza antimicrobica, è stata Stefania Iannazzo del Dipartimento Prevenzione e Innovazione del Ministero della Salute, che ha spiegato:
«la bozza del Piano è praticamente finita, stiamo facendo delle valutazioni economiche che servono poi nella fase di interlocuzione con la direzione generale della programmazione e con il Ministero dell’economia e delle finanze. A seguire il Piano dovrà essere approvato in Conferenza Stato-Regioni. Se non venisse applicata nessuna strategia per contrastare il fenomeno – ha aggiunto – da qui a pochi anni non sarebbe più possibile eseguire persino interventi chirurgici attualmente di routine, come l’artroprotesi o i trapianti d’organo o di midollo», ha concluso.
Questo è stato il motivo per il quale, nello scorso autunno, le Nazioni unite hanno approvato una risoluzione globale per contrastare l’antimicrobico-resistenza,
A rendere ancora più complessa la lotta all’antibiotico resistenza è poi la quantità di farmaci utilizzati sugli animali da allevamento (anche se una persona non fa uso sfrenato di antibiotici può assumerli attraverso la carne macellata).
Questo è quanto dichiarato da Luca Busani del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità:
«in Italia è di 360 mg/Pcu, dove la Pcu (Population Correction Unit) indica la quantità di principio attivo utilizzato per unità di bestiame, “cinque volte superiore rispetto ai numeri dell’Olanda con i suoi 68 mg/Pcu” E il passo dall’allevamento alla tavola è breve ma non solo, perché tutto il sistema in cui viviamo è profondamente connesso. Proprio per questo motivo – ha proseguito – il dato rappresenta un segnale d’allarme che, insieme agli altri, non dev’essere ignorato: l’approccio d’intervento dev’essere quello olandese del “One Health”, ossia proteggere la salute pubblica controllando l’interfaccia tra persone, animali e ambiente, su tutti i piani e livelli. Tale modello si è rivelato efficace nella riduzione dell’utilizzo di farmaci in zootecnia», ha concluso.
«L’epidemia italiana di multiresistenti è stata causata anche dal misuso dei carbapenemici – ha aggiunto Carlo Tascini dell’ Ospedale Cotugno dei Colli di Napoli – quindi bisogna utilizzare delle strategie a livello ospedaliero. Le alternative sono i beta-lattamici più gli inibitori delle beta lattamasi come l’amoxicillina clavulanato, la piperacillina/tazobactam e il ceftolozano/tazobactam. Con questi farmaci – ha continuato – noi dovremmo cercare di curare le infezioni da escherichia coli produttori di esbl, klebsiella produttrice di esbl e anche di pseudomonas multiresistenti. Ridurre l’uso dei carbapenemici può essere l’inizio della lotta alla diffusione dei germi produttori di carbapenemasi», ha concluso.