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Mafia a Messina

Operazione “Beta”: i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 30 persone per associazione di tipo mafioso ed altro: tra i 30 arrestati anche funzionari e imprenditori.
Messina, 6 luglio 2017
I militari dell’Arma, all’alba di stamattina, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Messina su richiesta dei magistrati della locale D.D.A., nei confronti di 30 persone molte delle quali  costituite da imprenditori e pubblici funzionari, tra cui spicca il nome dell’ex presidente dei costruttori, Carlo Borella e quello di Raffaele Cucinotta, dell’ufficio urbanistica del Comune di Messina, che risulta essere la talpa dei clan nelle gare per gli alloggi popolari. L’inchiesta che ha svelato anche il concorso di esponenti della società dei cosiddetti “colletti bianchi” della città, affiliati alla massoneria, è stata coordinata dal procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita assieme ai sostituti Liliana Todaro, Maria Pellegrino e Antonio Carchietti.
Dalle indagini è emerso che, da parecchio tempo, le attività pubbliche e socio-economiche del capoluogo peloritano erano gestite da una cellula mafiosa di Cosa nostra catanese con a capo Francesco e Vincenzo Romeo, rispettivamente il cognato e il nipote del boss Nitto Santapaola (detenuto in regime carcerario di 41bis), e con la collaborazione dei fratelli di Vincenzo (Pasquale, Benedetto e Gianluca), i quai gestivano l’economia dell’attività mafiosa relazionandosi con personaggi di alto certo sociale per gestire e controllare direttamente appalti pubblici a livello nazionale. Il sodalizio criminale agiva in modo silente tramite il cosiddetto “concorso esterno”, rispetto alla mafia violenta che uccide, conseguendo ugualmente i suoi obiettivi socio economici.
Le accuse mosse dagli inquirenti ai 30 arrestati sono oltremodo gravi: associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, turbata libertà degli incanti, esercizio abusivo dell’attività di giochi e scommesse calcistiche, giochi online, corse clandestine dei cavalli, riciclaggio, reati in materia di armi ed altro. Per 10 di loro il G.I.P. ha disposto, su richiesta della A.G., la misura degli arresti domiciliari.
Le indagini estese anche alle città di Catania, Siracusa, Milano e Torino, hanno interessato professionisti, imprenditori, titolari di società e funzionari del Comune, tutti connessi, «a un disegno di gestione di interessi economici illeciti contrassegnati da riservatezza e reciproca affidabilità», hanno spiegato i magistrati.
Altra figura di spicco fra gli arrestati risulta essere quella dell’avvocato Andrea Lo Castro al quale è stato contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, in quanto si sarebbe messo a disposizione della cellula mafiosa per consentire il riciclaggio di denaro “sporco” proveniente da reati, la falsa intestazione di beni e altro.
L’attività investigativa ha permesso inoltre di ricostruire gli interessi del sodalizio criminale in alcuni importanti settori, in particolare su quello dei video-poker e dell’online gaming, business molto lucrativi, questi ultimi, su cui si stanno concentrando molte organizzazioni criminali a livello nazionale. Il gruppo mafioso, dunque, risultava essere al comando – sempre in concorso esterno – di organizzazioni criminali armate, operanti a Messina, i cui esponenti, ogni qualvolta si imbattevano negli interessi della succitata organizzazione mafiosa si arrestavano, chinando il capo e obbedendo. Dalle indagini è anche emerso un fatto strano, ovvero la sostituzione del pizzo con altre forme di estorsione di denaro, nei confronti di società che forniscono servizi alle imprese (come le cooperative del settore forniture alimentari) che gestiscono in subappalto la fornitura di prodotti para sanitari per conto delle ASL.
Le indagini, iniziate nel 2013, hanno consentito il riscontro di quanto già riferito, in passato, da alcuni collaboratori di giustizia, ovvero la presenza attiva nella città dello Stretto di una cellula mafiosa di cosa nostra del capoluogo etneo, appartenente alla famigerata famiglia dei Santapaola.

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