Dopo la vittoria del Sì al Referendum, il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha detto che chiederà al Governo lo statuto speciale.
Roma, 23 ottobre 2017
Subito dopo il Referendum, il governatore della Lombardia Roberto Maroni cerca il dialogo con il Governo centrale e il Ministero dell’Economia, mentre quello del Veneto, Luca Zaia, forte del risultato del Sì ottenuto nella sua Regione, che alla fine della votazione ha segnato il 57,3%., ha interpretato il risultato stesso come vittoria e voglia di autonomia dallo Stato Centrale, da parte dei veneti, e tenta di allontanarsi dalle istituzioni chiedendo lo statuto speciale.
Il sottosegretario agli affari regionali Claudio Bressa però lo ha apostrofato così:
“Quella di Zaia è solo una provocazione! Siamo disponibili a incontrare tutti, ma non possiamo aprire il tavolo sulla base della legge proposta oggi da dal governatore del Veneto, perché prevede una modifica costituzionale per aggiungere tale Regioni a statuto speciale. Ma la condizione di partenza – continua Bressa – è che le Regioni approvino una legge in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione per chiedere l’autonomia differenziata. Il problema è che oggi Zaia ha fatto approvare in Giunta una proposta di modifica costituzionale per inserire il Veneto tra le Regioni a statuto speciale. È una proposta non ricevibile dal Governo, semmai di competenza del Parlamento”.
Sembra proprio che i due governatori leghisti adottino strategie diverse.
Fonti vicine al Segretario leghista Matteo Salvini hanno ammesso che «tra i due non c’è disaccordo, ma dal momento che i territori sono diversi, diverse sono anche le strategie da loro adottate».
Il voto dei cittadini della Bergamasca, dove l’affluenza alle urne ha superato il 50% (in più di Milano e Venezia), sembra non sia stato preso in considerazione dalla Lega; eppure molti di loro, specialmente quelli iscritti al PD, hanno dato il consenso all’autonomia referendaria in quanto erano stati invitati a votare Sì dal sindaco Giorgio Gori, verso il quale nutrono molta stima.
Il segretario del PD Matteo Renzi su Facebook commenta così il risultato del Referendum:
«Il risultato in Lombardia e, soprattutto, in Veneto non va minimizzato. Certo: i quesiti erano banali, la gestione lombarda dei dati dell’affluenza è stata sorprendentemente goffa, la pubblicità referendaria ingannevole. Ma la sostanza è che tanta gente, soprattutto in Veneto, ha votato per dare un messaggio. E il messaggio non è la deriva catalana o la secessione padana come chiedono pochi invasati. Il messaggio è serio: si chiedono più autonomia e più efficienza, maggiore equità fiscale, lotta agli sprechi a livello centrale e periferico.
Non è un caso che nel solo Veneto ieri abbiano detto Sì 900mila persone in più di quelle che hanno votato Lega Nord e partiti autonomisti alle regionali del 2015.
Il modo corretto per affrontare il futuro per me – continua Renzi – non è solo la procedura ex art. 116 Costituzione come chiedono i governatori (anche dell’Emilia Romagna, peraltro), ma prendere atto che in Italia esiste una gigantesca questione fiscale. Questo è il punto. Ridurre la pressione fiscale: questa è la vera priorità. E noi che abbiamo iniziato con Imu, Irap, Ires, 80€, incentivi JobsAct sappiamo che ancora non basta. Ecco perché mi piacerebbe che la prossima legislatura cominciasse con un accordo delle forze politiche per un progetto come quello che abbiamo lanciato noi (“Tornare a Maastricht”) che permetterebbe la riduzione annuale delle tasse per una cifra che può variare tra i 30 e i 50 miliardi di euro. Hanno spesso ironizzato dicendo che ridurre le tasse non è cosa di sinistra. Io penso al contrario – aggiunge il segretario PD – che oggi la riduzione delle tasse sia un’esigenza di tutti, specie dei ceti più deboli. Farlo nei primi mesi della prossima legislatura è il nostro assillo perché è la vera strategia necessaria al Paese. Con la prima operazione sulla flessibilità, quella del 2014, abbiamo fatto uscire l’Italia dalla crisi. Con la prossima, quella del 2018, potremo dare gambe alla ripresa. Ma potremo anche rispondere a una domanda di autonomia che non va sottovalutata e che va presa sul serio. Avanti, ma insieme», conclude.