Gori: «Quella dei profughi giuliano-dalmati fu una tragedia nazionale, per molto tempo accantonata, sulla quale è calata una cortina di silenzio ancor più lacerante».
Bergamo, 10 febbraio 2019 – Ha avuto luogo questa mattina la cerimonia “Giorno del Ricordo” alla Rocca di Città alta per la commemorazione delle atroci sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe (fosse) dentro cui sono finiti migliaia di inermi cittadini italiani, durante e alla fine della 2^ guerra mondiale, dopo essere stati uccisi dai partigiani di Tito.
Hanno preso parte alla cerimonia Giorgio Gori, sindaco di Bergamo; Elisabetta Margiacchi, prefetto; Sergio Gandi, vicesindaco; Maria Carolina Marchesi, presidente del Consiglio Comunale; Maria Elena Depetroni, presidente del Comitato Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Bergamo e insegnante al Liceo Mascheroni; Pietro Riva e Gaia Sperandio, studenti del Liceo Mascheroni e varie rappresentanze delle forze dell’ordine e dell’esercito.
Ha aperto la cerimonia Giorgio Gori, che ha detto:
«Furono circa 350mila i profughi giuliano-dalmati costretti all’emigrazione forzata dal feroce processo di stabilizzazione che si verificò durante e alla fine del secondo conflitto mondiale. Parte di tali profughi, circa 10mila, furono ospitati nei quartieri di Celadina e Malpensata della nostra città. Quella dei profughi giuliano-dalmati – ha proseguito Gori – fu una tragedia nazionale, per molto tempo accantonata, sulla quale è calata una cortina di silenzio ancor più lacerante, causata dalla nostra responsabilità».
Il Comune, per tale occasione, ha conferito una medaglia d’oro al Comitato Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia di Bergamo, in segno di riconoscimento per il suo impegno, nonché per il proficuo lavoro da esso svolto.
Gli studenti Pietro Riva e Gaia Sperandio, hanno letto alcuni brani tratti da testimonianze di alcuni profughi, attraverso i quali è emerso il dramma di un popolo martoriato fuggito dai territori ceduti dall‘Italia alla Jugoslavia con il famigerato trattato di Parigi.
Pietro Riva Gaia Sperandio
Subito dopo è stata posta una corona di alloro, da due agenti della Polizia di Stato, in alta uniforme, accanto alla lapide che ricorda i morti delle Foibe.
«La tragedia dei profughi giuliano-dalmati – ha fatto presente Maria Elena Depetroni (nella foto) – è stata ricordata qualche giorno fa dal presidente della Repubblica Mattarella. I profughi che arrivarono a Bergamo, nel corso degli anni si integrarono bene con il tessuto della città: i bambini andarono a scuola con i figli dei bergamaschi e anche le loro madri, sbarcarono il lunario lavoravano al servizio nelle case della gente del luogo. Ringrazio il Comune per la medaglia d’oro che ha conferito al Comitato – prosegue l’insegnante – che dedicheremo proprio a questa gente, in segno di rispetto per la sofferenza e la nostalgia che hanno portato sempre nel loro cuore. Ringrazio inoltre tutti quelli che hanno contribuito al nostro ricordo».