Oltre 700 trapianti sui bambini e studi innovativi sulla terapia genica tra i fattori alla base del prestigioso riconoscimento del ruolo al Centro di pediatria del Papa Giovanni XXIII.
Nazioni come Serbia, Slovenia e Montenegro si rivolgono al Papa Giovanni per eseguire i trapianti di fegato, anche da donatore vivente o con l’innovativa tecnica da donatore a cuore fermo.
Bergamo, 26 luglio 2019 – Il primo trial clinico al mondo sulla terapia genica della sindrome di Crigier-Najjar, rara malattia che colpisce il fegato, è in corso a Bergamo. A causa di un gene “sbagliato”, i bambini che ne sono affetti non riescono a sviluppare una proteina che permette l’eliminazione della bilirubina. Un banale virus, modificato in laboratorio e vettore del gene corretto, ha il compito di infettare il fegato del paziente in modo che la sintesi della proteina mancante avvenga correttamente.
Un testo sulle patologie pediatriche
Questo è uno degli esempi del lavoro che la Pediatria del Papa Giovanni XXIII, diretta da Lorenzo D’Antiga, sta svolgendo nella diagnosi, nella cura e nella ricerca nel campo dell’epatologia. Non è un caso che chiunque si occupi di malattie del fegato pediatrico, in tutto il mondo, studi sul volume curato da Lorenzo D’Antiga per la casa editrice Springer, «Pediatric Hepatology and Liver Transplantation». Novecento pagine che condensano storia, presente e futuro di questa specialità: essere stato scelto come autore da una delle più autorevoli case editrici scientifiche è un riconoscimento che D’Antiga, 53 anni e origini veneziane, epatologo e gastroenterologo pediatra, si è conquistato portando Bergamo fra i primi centri al mondo in questo campo.
Un lavoro di due anni, che solo in versione digitale è già stato scaricato più di 7.000 volte in soli quattro mesi dal sito della casa editrice. Ottanta gli autori coinvolti, da tutti i continenti, per fare il punto su patologie congenite o acquisite, spesso rare, la cui storia è stata cambiata negli anni Novanta dall’avvio del trapianto di fegato.
«Con 700 trapianti pediatrici all’attivo e un tasso di sopravvivenza che raggiunge il 95%, il centro di Bergamo ha una casistica tra le più importanti al mondo – spiega D’Antiga – . Frutto della collaborazione fra l’équipe pediatrica, i nostri chirurghi, i radiologi e tanti colleghi che ho voluto portassero il loro contributo a questo volume. L’epatologia pediatrica è una branca complessa, che richiede grande integrazione fra i diversi specialisti ed esami quasi sempre invasivi – prosegue D’Antiga -. Per questo è importante rivolgersi a centri altamente specializzati, come il nostro, che riesce a produrre una decina di pubblicazioni scientifiche l’anno e ci vede nei board scientifici d’importanti riviste, come editorialisti e revisori».
Altre note figure bergamasche della Comunità scientifica
Fra i nomi più noti della comunità scientifica internazionale vi sono anche il direttore della Gastroenterologia, Stefano Fagiuoli, della Chirurgia 3 e Trapianti, Michele Colledan, della Radiologia, Sandro Sironi, Roberto Agazzi della Radiologia interventistica ma anche tanti giovani pediatri, chirurghi, anestesisti del Papa Giovanni, assieme ad esperti di fama internazionale, tra cui accademici del King’s College Hospital di Londra e di Pittsburgh, centro che per primo ha eseguito un trapianto di fegato in un bambino.
«Ringrazio il dottor D’Antiga e tutti coloro che hanno collaborato al volume – commenta il direttore generale del Papa Giovanni XXIII, Maria Beatrice Stasi – ma soprattutto chi opera ogni giorno nel nostro ospedale per consentirci di raggiungere questi risultati. Della nostra mission – continua – fa parte a pieno titolo anche la condivisione con la comunità scientifica internazionale dei saperi e dei risultati raggiunti nella clinica e nella ricerca».
Serbia, Slovenia e Montenegro sono l’esempio di nazioni che, con casistiche insufficienti a sviluppare le competenze necessarie, si sono rivolti al Papa Giovanni per eseguire qui i trapianti di fegato, anche da donatore vivente o con l’innovativa tecnica da donatore a cuore fermo.
«Le prospettive future sono tutte nella ricerca e in particolare in quella genetica – commenta ancora D’Antiga -. Ma ci prendiamo cura dei bambini e delle loro famiglie anche nel lungo termine, perché la terapia post trapianto dura tutta la vita. L’aspetto umano non deve assolutamente mancare e per questo nel volume non mancano riferimenti agli ambulatori transizionali. In Italia siamo partiti per primi nel nostro campo: in pratica per uno o due anni, attorno ai 18 anni, il paziente viene seguito insieme dal pediatra e dal gastroenterologo dell’adulto. Accompagniamo i ragazzi in questo difficile passaggio, costruendo fiducia nei medici che li seguiranno in età adulta e ponendo le basi perché, non più seguiti dai genitori, questi ragazzi proseguano correttamente le terapie in piena autonomia».