L’UNESCO riconosce la sapienza dell’arte casearia del territorio orobico con 30 produzioni storiche, 9 DOP e 3 presidi Slow Food
Bergamo, 30 ottobre 2019 – Il capoluogo orobico è Città Creativa UNESCO per la gastronomia: il board del Patrimonio Mondiale ha diramato oggi pomeriggio la lista delle 66 città che entrano nella lista delle Città Creative del pianeta, riconosciute come “laboratori di idee e pratiche innovative”, capaci di costruire “un contributo tangibile al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso pensieri e azioni innovativi”.
E’ il secondo importante riconoscimento che Bergamo riceve dall’Unesco, dopo quello delle Mura che cingono Città Alta, inserite nel 2017 nella lista del Patrimonio Mondiale insieme alle fortificazioni veneziane di altre cinque città.
«Questo riconoscimento è per noi motivo di grande soddisfazione – spiega il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori – Bergamo entra oggi nella rete delle 246 Città Creative del mondo grazie al valore della produzione casearia del suo territorio montano, con i suoi 30 formaggi tradizionali, di cui 9 Dop e 3 presidi Slow-Food. Nel nostro Paese esistono 50 formaggi DOP – prosegue Gori – Bergamo da sola ne vanta quasi un quinto: nessuna provincia in Europa può vantare un record simile, ma soprattutto nessun altro territorio italiano vanta un “saper fare” come quello bergamasco nell’arte casearia. Questa candidatura è nata intorno all’idea di un’alleanza – quella tra il capoluogo e le sue valli, negli ultimi decenni in sofferenza a causa dello spopolamento; la città si candida ad essere la grande vetrina di un’eccellenza bergamasca con l’obiettivo di valorizzare la produzione casearia delle valli e di contribuire così alla sostenibilità economica del settore, fondamentale anche per la conservazione del paesaggio. Oggi Bergamo e le sue valli vincono insieme. Un grande grazie a tutti gli enti che hanno sostenuto il processo di candidatura».
La tecnica casearia dei Bergamini
La produzione dei formaggi orobici ha le sue radici nella tradizione dei bergamini, gli antichi allevatori basati nelle montagne bergamasche, che attraverso la transumanza diffusero tecniche e conoscenze in tutta la Pianura Padana, e a cui quindi si deve la nascita e allo sviluppo dell’industria casearia italiana, tra le più prestigiose del mondo.
«Questi formaggi – aveva detto Gori a Parigi, presentando la candidatura di Bergamo – sono un simbolo del nostro territorio, nel quale pratiche tradizionali, accompagnate dall’abilità di stringere relazioni commerciali, hanno consentito di proteggere la bellezza dei luoghi, rendendoli un modello di sostenibilità».
Le altre città italiane creative
Le città creative dell’Unesco sono diventate così 246. Le altre città italiane Creative sono Bologna (musica), Fabriano (artigianato e arte popolare), Roma (cinema), Parma (gastronomia), Torino (design), Milano (letteratura), Pesaro (musica), Carrara (artigianato e arte popolare) e Alba (gastronomia). Da oggi anche Biella si unisce al novero delle Città UNESCO grazie al suo artigianato tessile, mentre Como e Trieste – che pure erano candidate – non hanno trovato l’approvazione della Direttrice Generale dell’Unesco M.me Audrey Azoulay, cui spettava il giudizio finale.
«Questo riconoscimento – sottolinea Francesco Maroni, dell’Associazione San Matteo Le tre Signorie – è davvero importante per la nostra Associazione che da sempre lavora perché la sapienza dell’arte casearia della Cheese Valleys vengano riconosciute a livello internazionale. Ora inizia il lavoro per far sì che i territori si uniscano in un progetto comune di valorizzazione del proprio patrimonio gastronomico legato alle Cheese Valleys», conclude.
L’annuncio sul sito UNESCO: https://en.unesco.org/creative-cities/events/unesco-designates-66-new-creative-cities
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