Un ingente traffico di capi di abbigliamento e accessori di lusso contraffatti, che avveniva sulla rete internet, è stato individuato e bloccato dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ancona, a seguito di una vasta operazione denominata “Spider web” coordinata dalla locale Procura della Repubblica.
Sequestrati circa 15.000 capi di abbigliamento per un valore di oltre 4.500.000 euro.
Ancona, 31 gennaio 2020 – I militari delle Fiamme Gialle anconetane hanno dato avvio a complesse indagini, durate oltre sei mesi, effettuando una prolungata attività di presidio di siti web, profili social e pagine presenti sui social network più noti, quali Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Youtube ed individuando delle vere e proprie “vetrine virtuali” di operatori specializzati nel mercato delle vendite di abbigliamento online.
Ecco le griffe delle note case d’abbigliamento falsificate
Le griffe falsificate erano quelle di noti brand quali: “Gucci” “Luis Vuitton” “Chanel” “Prada” “Hermès” “Givenchy” “Bikkembergs” “Armani” “Fred Perry” “Tommy Hilfiger” “Moschino” “Dsquared2”, “Ralph Lauren”, “Emporio Armani”, “Burberry” e “Lacoste”, che hanno collaborato attraverso l’ausilio degli esperti anticontraffazione delegati dalle case produttrici.
Tra queste è stata individuata un’impresa, gestita da due coniugi, S.A. di anni 43 e M.E. di anni 44, residenti in provincia di Ancona, che pubblicizzava la vendita di numerosi prodotti di lusso a prezzi concorrenziali, in particolare nella transazione tra il produttore ed il grossista.
Canali di vendita del falso attraverso account di messaggistica Whatsapp
Dalle successive investigazioni, condotte dai finanzieri attraverso l’analisi dei flussi commerciali e finanziari, è emerso che tale “negozio virtuale”, riservato solo ad operatori del settore abbigliamento, ai quali veniva richiesta la registrazione presso il sito web, era specializzato nel mercato del falso e agiva attraverso canali di vendita molto riservati con account di messaggistica whatsapp. I capi ed accessori di lusso provenivano dall’estero, principalmente dalla Turchia, dalla Bulgaria e dalla Repubblica Ceca, giungendo in Italia attraverso i corrieri internazionali e venivano poi rivenduti e distribuiti ad esercenti su tutto il territorio nazionale.
Le complesse investigazioni, eseguite dai finanzieri della Sezione Diritti di Proprietà Intellettuale e Industriale del Nucleo PEF di Ancona, avviate fin dalla scorsa primavera, si sono concentrate anche sull’analisi delle movimentazioni dei maggiori corrieri nazionali. L’approfondimento investigativo ha consentito di individuare i numerosi punti vendita dislocati in ben dodici regioni del territorio nazionale che acquistavano i prodotti contraffatti presso la ditta marchigiana.
Provvedimenti di perquisizione e sequestro dei prodotti falsificati
I minuziosi elementi di indagine acquisiti dalle fiamme gialle hanno permesso l’emissione da parte della Procura della Repubblica di Ancona di appositi provvedimenti di perquisizione e sequestro nei confronti di trenta operatori commerciali. L’attività di polizia giudiziaria è stata eseguita dalle Fiamme Gialle di Ancona, coadiuvate dagli altri Reparti del Corpo dislocati nelle Marche, Lazio, Emilia Romagna, Sicilia, Toscana, Calabria, Sardegna, Campania, Piemonte, Lombardia, Veneto, Abruzzo.
Le ricerche hanno portato al sequestro di circa 15.000 capi di abbigliamento, che una volta immessi in commercio, avrebbero fruttato oltre 4.500.000 euro.
I commercianti del falso rischiano fino a 12 anni di carcere
Sono stati, pertanto, denunciati a piede libero 35 commercianti, interessati dall’attività illecita, per aver introdotto nel territorio dello Stato e commercializzato prodotti con segni falsi nonché per ricettazione, reati che prevedono pene complessive fino a dodici anni di reclusione.
Emblematica, in quanto in grado di trarre efficacemente in inganno i consumatori, è risultata la scoperta sui falsi capi di abbigliamento delle etichette con il “codice QR” scansionabile, che una volta inquadrato attraverso un dispositivo mobile, rimandava ad un generico sito web di vendite online, mentre il vero Quick Response Code conteteva un codice univoco identificativo del prodotto e il link che porta l’utente al sito web del titolare del marchio.
Documenti fiscali falsi di provenienza della merce
Nel corso delle perquisizioni eseguite nei confronti di esercizi commerciali, ubicati tra l’altro a Roma, Milano, Palermo, Torino, Bologna, Rimini, Napoli, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Nuoro, Pisa, sono stati rinvenuti documenti fiscali che falsamente attestavano la provenienza della merce direttamente dalle società titolari del marchio.
L’attività posta in essere dimostra come tale fenomeno, di portata internazionale, comporti riflessi di tutta evidenza sul funzionamento del mercato anche con riguardo alla tutela dei consumatori la cui buona fede viene maggiormente carpita sia dagli alti livelli di fattura dei prodotti contraffatti sia dalla commercializzazione in punti vendita, che rappresentano canali apparentemente legali.
La succitata operazione della GdF testimonia, ancora una volta, il sistematico presidio esercitato dalla fiamme gialle sul territorio nazionale volto ad assicurare la tutela dei consumatori e la salvaguardia delle imprese che operano nella legalità.
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