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E’ stato dimesso l’uomo di 53 anni che in piena emergenza Covid-19 era stato sottoposto a doppio trapianto di polmoni all’Ospedale di Bergamo.

 

 

Bergamo, 10 giugno 2020 – Affetto da fibrosi polmonare, il paziente ha ricevuto, lo scorso 19 marzo, due polmoni da un donatore deceduto in un altro ospedale italiano. L’intervento si è svolto poco più di un mese dopo il suo ricovero in Pneumologia, avvenuto il 14 febbraio  per un progressivo peggioramento delle sue condizioni che in pochi giorni l’hanno portato in terapia intensiva. Circa una settimana dopo  iniziava l’emergenza Covid-19 e all’ospedale di Bergamo iniziavano ad arrivare i pazienti positivi al virus.

Il paziente attaccato al ventilatore meccanico 

Il 2 marzo, il 53enne veniva sottoposto a tracheostomia in quanto i suoi polmoni, ormai fuori uso, venivano rimpiazzati temporaneamente da un ventilatore meccanico.  Quindi, il paziente  versava  in condizioni gravissime ed era in attesa di  trapianto, che stentava ad arrivare a causa della mancanza di disponibilità di donatori per colpa dell’epidemia.

Il giorno del trapianto

Nonostante l’emergenza in corso, però, il Papa Giovanni XXIII accettava dalla sala operativa romana del Centro nazionale trapianti l’offerta dei due polmoni disponibili in altro ospedale italiano. Un volo privato porta a Ciampino i chirurghi bergamaschi per eseguire il prelievo per poi riportarli allo scalo di Orio al Serio e da lì in sala operatoria. Ad attenderli c’è l’équipe di Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti del Papa Giovanni XXIII che ha immediatamente eseguito l’intervento, in un clima all’apice dell’emergenza Covid-19. 

“Il paziente era in condizioni gravissime e si trovava in terapia intensiva da quasi un mese”, ha spiegato Michele Colledan (in foto). “Quando è arrivata quest’occasione abbiamo pensato tutti che non potevamo sprecarla. Un trapianto di polmone è un intervento complesso, ma che qui a Bergamo affrontiamo di frequente, l’anno scorso ne abbiamo eseguiti 13. Il chirurgo ha proseguito: “Ma stavolta è stato necessario uno sforzo enorme in più da parte dell’intero ospedale, dove tutti gli operatori, medici, infermieri e tecnici, erano impegnati a fondo nella cura dei pazienti con Covid-19.”

8 giugno giorno della sua dimissione dall’Ospedale

Fondamentale il lavoro eseguito dalla Terapia intensiva pediatrica diretta da Ezio Bonanomi (in foto), dove il paziente rimaneva  fino al 5 maggio, quando le sue condizioni miglioravano a tal punto da consentirne il trasferimento nel reparto di Pneumologia. L’8 giugno avvento a la sua dimissione dall’Ospedale e il trasferimento in un centro di riabilitazione per il proseguo del recupero.

“All’Ospedale di Bergamo sono rinato e ho trovato una famiglia, che si è presa cura di me, andando oltre gli aspetti puramente clinici e assistenziali”, ha sottolineato il paziente  trapiantato. “Non vedo mia moglie e miei figli da settimane, ma l’affetto che ho trovato qui è stato tale da riuscire a compensare questa mancanza”, ha continuato. “Grazie a tutti coloro che si sono presi cura di me in questo ricovero così lungo. Un pensiero speciale va al donatore e alla sua famiglia. Voglio scrivere loro una lettera perché sappiano quanto è grande la mia gratitudine.”

“Siamo particolarmente soddisfatti dell’esito, tutt’altro che scontato, di questo trapianto”, ha commentato Fabiano Di Marco (in foto), direttore della Pneumologia del Papa Giovanni. “I trapianti di polmone sono particolarmente delicati e le condizioni di questo paziente erano molto complesse. A questo si devono sommare le condizioni in cui il trapianto è stato seguito”, continua, “con un ospedale abituato a gestire pazienti complessi, ma in quei giorni completamente riorganizzato per fronteggiare un’emergenza sanitaria senza precedenti.”

“Il percorso clinico di questo paziente è andato di pari passo con l’emergenza Covid all’ospedale di Bergamo”, ha dichiarato Maria Beatrice Stasi (in foto), direttore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII, “che ha visto la stragrande maggioranza degli operatori dirottati nella gestione di una situazione che nessuno di noi aveva mai visto prima. Nonostante ciò siamo riusciti ad offrire il miglior percorso di cura possibile con ottimi risultati,” conclude Maria Beatrice Stasi.

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