I ricercatori Lidia Morawska, australiana e Donald K. Miltonche, statunitense hanno redatto un manoscritto, basato sull’airborne, dal titolo: “E’ tempo di considerare la possibilità che le goccioline virali si possono trasmettere per via aerea.
Roma, 8 luglio 2020 -La tesi dei due ricercatori è sostenuta da oltre 239 scienziati di tutto il globo che chiedono all’Oms di rivalutare le linee guida per contenere la pandemia del nuovo coronavirus.
Quindi, nei luoghi chiusi cambia tutto: occorrono le mascherine, perché le distanze sociali non bastano più, e bisogna effettuare la revisione dei sistemi di ventilazione, soprattutto sui mezzi di trasporto, uffici e scuole per ridurre al minimo i rischi.
L’OMS: “Ancora presto per stabilire cause trasmissione aerea del virus
“L’Organizzazione Mondiale della Sanità è dell’avviso che siano ancora necessarie ulteriori ricerche sulla trasmissione del virus, e commenta: “Riconosciamo che ci sono prove emergenti in questo campo e quindi dobbiamo essere aperti nei confronti di queste prove e comprendere le sue implicazioni riguardo alle modalità di trasmissione e le precauzioni che devono essere prese.”
Il parere di Massimo Galli
Secondo l’infettivologo Massimo Galli, direttore di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, “La potenzialità della trasmissione per via aerea, al di là delle prove, va considerata, per giocare d’anticipo.”
L’airborne può essere responsabile di veicolazione del coronavirus?
“Innanzitutto capiamoci su cosa si intende per airborne – spiega Galli – perché per me, airborne, significa trasmissione per via aerea. Comunque, secondo il manoscritto in questione, esiste una trasmissione del virus per via aerea ipotizzata a una distanza importante, e favorita dal ricircolo dell’aria. Il nuovo coronavirus airborne significa che si trasmette anche nell’aria, e che può raggiungere distanze ben più vaste di un metro o due, secondo le canoniche prescrizioni.
“Quindi, si mette l’accento su un argomento importante – prosegue Galli – anche se fosse lontano dall’essere provato. Una vasta parte della comunità scientifica fatta di tecnici competenti in campi diversi ha sollevato la questione della possibilità di una trasmissione del virus a distanze maggiori di quelle definite dagli attuali provvedimenti di distanziamento. Viene posta la questione che in ambienti chiusi, anche il ricircolo stesso possa essere responsabile di una veicolazione delle goccioline a distanza ben maggiore di quella considerata oggi. Per questo motivo c’è la necessità di riprendere in considerazione la questione.”
Airborne respirato da altre persone
Le particelle virali – come fanno osservare i ricercatori – vengono rilasciate nell’aria, in micro-droplets, mentre respiriamo, parliamo, starnutiamo o tossiamo, esse sono piccole abbastanza da rimanere sospese nell’aria, essere respirate da altre persone che si trovano nelle immediate vicinanze e metterle a rischio di essere contagiate a una distanza ben superiore a uno-due metri da una persona infetta.
Abolire la ri-circolazione dell’aria in luoghi affollati
“Se anche il nuovo coronavirus fosse airborne, per ridurre il rischio di una trasmissione per via aerea si renderebbe necessario – secondo i ricercatori – garantire una efficace ventilazione, fornendo aria esterna pulita, diminuendo o abolendo la ri-circolazione dell’aria in luoghi affollati come uffici pubblici, ambiti lavorativi, scuole, ospedali e case di riposo per anziani; fare attenzione ai sistemi di filtraggio, ed consigliato anche l’uso di luci ultraviolette germicide; evitare il sovraffollamento specie nei mezzi di trasporto pubblici ed edifici pubblici.”
Identificare precocemente possibili focolai di Covid
“Si rende essenziale, altresì, una sorveglianza specifica – aggiungono i ricercatori – mirata nel contesto degli ambiti pubblici, delle aziende, delle scuole, al fine di identificare precocemente i focolai di Covid e contenerli seguendo tutti contatti,” concludono.