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La Convenzione di Istanbul stabilisce una stretta correlazione tra violenza e disuguaglianze, tra violenza e disparità di potere, inquadrando la violenza come fenomeno strutturale, sociale e culturale.

Bergamo, 10 novembre 2018 – Questa mattina, in apertura delle numerose iniziative che ogni anno si tengono per il 25 novembre, in ricorrenza della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si è svolto alla Provincia il convegno «Violenza di Genere: non un passo indietro», organizzato dalla Commissione Pari Opportunità della Provincia, in collaborazione con il Consiglio delle donne del Comune di Bergamo.
L’incontro, molto partecipato, è stato un’occasione per approfondire le politiche di attuazione e gli sviluppi della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne specialmente nelle mura domestiche (Convenzione di Istanbul), per fare il punto della situazione, sullo stato della sua applicazione in ambito europeo e nazionale, per fare conoscere esperienze positive e buone prassi degli enti locali.

Romina Russo, consigliera provinciale e presidente uscente della Commissione pari opportunità della Provincia (nella foto), ha detto: «Si è sentita la necessità di fare il punto della situazione sulla convenzione a distanza di sette anni dall’approvazione del Consiglio d’Europa e di cinque anni dalla ratifica italiana. Il testo ha rappresentato il punto d’arrivo di lunghe battaglie politiche e giuridiche – ha continuato – ed è uno strumento fondamentale e vincolante nel contrasto alla violenza nei confronti delle donne definita all’art. 1 come lesione dei diritti umani».

Bisogna quindi prevenire e combattere la violenza attraverso il perseguimento della parità e il riequilibrio tra i generi, e sviluppare nonché valorizzare una cultura di parità, nel rispetto delle differenze, per la piena attuazione del principio di uguaglianza.

«Oggi però assistiamo alla messa in discussione di questo importante strumento a livello nazionale ed europeo – ha aggiunto Russo – . Assistiamo a una vera e propria minaccia a conquiste che davamo per acquisite. Infatti alcuni esponenti dell’Europa orientale oppongono resistenza alla ratifica della convenzione ritenendo che possa rappresentare una minaccia all’unità familiare. Questo sarebbe veramente preoccupante.
Gli interventi e gli stimoli che sono arrivati dalla platea hanno sottolineato l’importanza della costruzione di Reti tra donne».

Pia Locatelli, già parlamentare europea e italiana, ha spiegato che la Convenzione di Istanbul è uno strumento prezioso, oltre che utile, per contrastare la violenza perché definisce un quadro giuridico a livello pan-europeo per proteggere le donne da tutte le forme di violenza, prevenire, perseguire ed eliminare la violenza sulle donne e la violenza domestica. «Dobbiamo conoscere questa Convenzione in tutta le sue parti che prevedono interventi in quattro grandi ambiti ormai conosciuti come le quattro P: Prevenzione, Protezione, Perseguimento dei colpevoli, Politiche integrate. Fermare la tragedia della violenza dovrebbe essere impegno che riguarda tutti e tutte, in particolare chi, come noi, si trova o si è trovato a ricoprire ruoli istituzionali. Fermare questa tragedia significa assumere impegni precisi per avviare azioni di contrasto, protezione, prevenzione e sensibilizzazione, con politiche attive, coerenti e coordinate, che coinvolgano i diversi attori, istituzionali e non, a tutti i livelli.
Dobbiamo rompere il silenzio – ha proseguito Locatelli – e aiutare a rompere il silenzio su questo dramma e creare le condizioni perché se una vittima di violenza rompe il silenzio, non rischi di diventare un’altra volta vittima in un mondo che troppo spesso dice: se l’è cercata.

Dobbiamo educare le giovani generazioni, le ragazze perché siano capaci di cogliere la violenza sottile, invisibile, i primi segnali di una relazione malata, violenta e se ne allontanino in tempo».ha concluso.

La Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa – ha commentato Simona Lanzoni, vicepresidente Grevio – è uno standard internazionale estremamente importante nel contesto europeo. Un traguardo raggiunto grazie al lavoro tenace di donne e uomini della società civile organizzata e degli Stati che hanno partecipato alla sua costruzione. Ora è responsabilità di tutti gli Stati darne attuazione. Prevenire, proteggere chi la subisce, avviare percorsi di empowerment perché non si è vittime per sempre, punire gli autori di violenza grazie a leggi e politiche integrate tra loro. Non possiamo dire che siamo arrivati al traguardo, ma abbiamo appena iniziato la corsa. I diritti umani sono una conquista giovane rispetto a secoli di storia di violenza. I diritti umani delle donne sono fragili, necessitano di cura e vanno alimentati dalle istituzioni e dalla gente comune così come dalle associazioni specializzate da sempre su questi temi. Viviamo in un momento storico – ha proseguito – in cui le conquiste delle donne e le convenzioni a loro difesa sono sotto attacco. A maggior ragione si chiede l’impegno di tutti e di tutti per non tornare indietro e fare sì che la violenza sia eliminata grazie a un cambio culturale e sociale delle relazioni paritarie donne e uomini di ogni età basate sul riconoscimento reciproco delle differenze. L’Italia non parte da zero. Esistono ottime leggi ed esperienze ottime nelle reti territoriali esistenti. Vanno valorizzate e messe a sistema. Inoltre si deve cercare di far conoscere e implementare il più possibile quanto chiesto dalla Convenzione di Istanbul agli addetti ai lavori delle varie articolazioni dello Stato ( giustizia, forze dell’ordine, assistenti sociali, settore sanitario, ) affinché questo Paese sia migliore per tutte e tutti», ha concluso.
Infine
Anna Lorenzetti, ricercatrice di diritto costituzionale del Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Bergamo, ha illustrato come i giudici applicano e interpretano la Convenzione di Istanbul, come viene richiamata nelle sentenze, anche se non sempre viene vista come un obbligo.

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