SHARE

Per circa sei mesi avranno fiato corto, scarsa resistenza a compiere sforzi e, in alcuni casi, persino la necessità di riattaccarsi all’ossigeno una volta tornati a casa: questo è  il quadro dei sintomi che emerge per i positivi al coronavirus che sono guariti e dimessi dalla terapia intensiva.

 

27 maggio 2020 – Questi sono i  problemi respiratori che diventano cronici per circa il 30% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva o subintensiva da coronavirus. Lo studio, basato sulla raccolta dati raccolti in Italia e poi confrontato con quello eseguito da medici cinesi su pazienti colpiti da coronavirus, è stato eseguito dalla Società italiana di pneumologia che ha  svelato tali patologie croniche lasciati in eredità dal Covid-19.

Rischio di alterazioni permanenti della funzione respiratoria 

Da tale confronto è  emerso che occorrono 6-12 mesi di terapia affinché un adulto, colpito da polmonite virale,  possa recuperare la normale funzionalità respiratoria, e non solo, in un caso su tre potrebbe esserci il rischio di i alterazioni permanenti della funzione respiratoria con fibrosi polmonari, ovvero il polmone produce tessuto cicatriziale e diventa rigido, causando sintomi di affanno e stanchezza che, con il tempo, possono cronicizzarsi. 

“Le conseguenze, generate dal covid-19, stanno  causando una vera e propria nuova emergenza sanitaria nel nostro Paese che conta già 24 milioni di soggetti con patologie croniche.” Lo ha rivelato Angelo Corsico, direttore della pneumologia della Fondazione policlinico San Matteo di Pavia. “Problemi respiratori e fibrosi polmonari si sono verificati anche tra chi ha meno anni alle spalle, con percentuali che variano dal 30 al 75% dei casi”, ha proseguito Corsico. 

“In molti sopravvissuti, anche giovani, parti di tessuto dell’organo sono state sostituite da tessuto cicatriziale non più funzionale”, ha aggiunto il direttore, riferendosi soprattutto ai giovani che con gli assembramenti che formano giornalmente  non pensano alla gravità cui possono andare incontro se infettati dal Covid.

La compromissione di altri organi dovuta all’infezione virale

Oltre ai danni permanenti ai polmoni, le infiammazioni generate dal virus possono estendersi  anche ad altri organi: reni, cuore, cervello e sistema cardiovascolare.

«I rischi di complicazioni sono tanti”, ha spiegato Maurizio Viecca, primario di cardiologia al Sacco di Milano. “Qui da noi abbiamo avuto persone dimesse e poi rientrate in ospedale con embolie, flebiti e vasculiti. L’infiammazione può avere effetti gravi anche su altri organi come il cuore“, ha continuato, “probabilmente a causa dello stress cardiaco dovuto all’insufficienza respiratoria, ma anche per la carenza di ossigeno nel sangue, causata da virus, oltre che per il danno diretto provocato dalla risposta infiammatoria sistemica.” 

Possibili danni anche al cervello

“Inoltre il Covid può colpire anche il sistema nervoso centrale e attraverso meccanismi immunitari dello stesso paziente rendere l’infezione persistente. “Insomma, almeno una parte dei reduci del Covid con le ferite del virus dovrà fare i conti ancora a lungo,” ha concluso Viecca.

LASCIA UN COMMENTO