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Per un intero anno ricoverato in una camera d’ospedale con un cuore artificiale. Oggi ha un cuore nuovo e nessun contatto con il Covid-19.

 

Bergamo, 25 giugno 2020 –  Un anno di ricovero in ospedale, per un ragazzino di 12 anni è già, di per sé, un’esperienza drammatica. Se poi, in quell’anno, per vivere, devi aggrapparti a un cuore artificiale che ti segue con una valigetta e richiede dolorose medicazioni e, non solo, ma anche misure per l’emergenza Covid 19, riesce difficile solo a immaginare la difficile esperienza di Davide (il nome è di fantasia) e di suo padre.

Chiuso in una camera protetto dalla pandemia

Mentre il mondo guardava i numeri del contagio della pandemia, un ragazzino di origini rumene combatteva in una stanza dell’ospedale di Bergamo la sua personale battaglia. I numeri in cui si può riassumere sono questi: 373 giorni di ricovero; 319 quelli in cui la sua vita dipendeva dal cuore artificiale; 997, il suo trapianto dall’inizio del programma a Bergamo, 0 contatti con il covid, 24 i metri della camera in cui i medici lo hanno “rinchiuso” per proteggerlo da quella pandemia che pochi metri più in là è arrivata a contare oltre 2.000 pazienti ricoverati.

Nuova vita per il piccolo paziente con un cuore nuovo

Oggi Davide ha un cuore nuovo, che gli ha permesso di sconfiggere la cardiomiopatia derivante dalla malattia di Naxos, una rara patologia su base genetica. La sua unica compagnia in questo anno incredibile sono stati il padre, 37 anni, che ha rinunciato a tutto per stargli vicino, le visite della mamma che è rimasta in Romania e che lo raggiungeva appena possibile, qualche videogioco e la scuola, prima in ospedale e poi a distanza. 

In attesa di liberarsi dall’impianto biventricolare Vad, Excor Berlin Heart

Un lockdown nel lockdown il quello del ragazzo e suo padre, che dovrebbe concludersi con la dimissione a un anno esatto dall’impianto del sistema di assistenza biventricolare Vad, un Excor Berlin Heart, avvenuto il 6 luglio del 2019.

Dalla Romania a Bergamo

La diagnosi in Romania, la decisione di trasferirsi in Italia per curarsi, l’autorizzazione alla messa in lista d’attesa secondo le rigorose procedure del centro nazionale trapianti, il ricovero per oltre venti giorni in Terapia intensiva pediatrica e il ricorso al Vad, viste le gravi condizioni del ragazzo.

“Grazie alle diverse professionalità e alle tecnologie che dispone il nostro centro riusciamo a portare i pazienti, anche quelli più piccoli, al trapianto nelle migliori condizioni possibili”, ha commentato Michele Senni (in foto), direttore del Dipartimento cardiovascolare del Papa Giovanni XXIII. 

L’équipe di sanitari che ha effettuato l’intervento

 L’intervento di trapianto è durato circa 10 ore, che sono servite a rimuovere il cuore artificiale e a impiantare il nuovo organo, prelevato dal cardiochirurgo Francesco Innocente e dall’infermiera Maria Berardelli. In sala operatoria per il trapianto il responsabile del Centro Trapianti di cuore, Amedeo Terzi, con i cardiochirurghi Federico Brunelli e Samuele Pentiricci, la specializzanda Francesca Papesso, l’anestesista Moreno Favarato, i perfusionisti Davide Ghitti e Silvana Crisci, gli strumentisti Omar Sandrinelli ed Elisabetta Salvi, gli infermieri Angelo Sechi, Silvia Barachetti, Severine Dormont e Sara Bolazzi, gli operatori sociosanitari Silvia Sibelli, Salvatore Pepe e Maria Zampaglione. 

“Il ragazzino è arrivato in condizioni molto gravi, che hanno richiesto prima un ricovero in terapia intensiva e poi l’impianto di un cuore artificiale, come “ponte” al trapianto cardiaco”, ha spiegato Amedeo Terzi (in foto). “Trovare donatori compatibili per riceventi così giovani è infatti molto raro”, ha proseguito, “ed è importante poter contare su dispositivi che possono protrarre il più possibile l’intervento di sostituzione dell’organo.”

 Per un anno abbiamo seguito il ragazzo costretto a convivere con un cuore artificiale, che compensava il suo, gravemente compromesso dalla malattia”,  ha sottolineato Attilio Iacovoni (in foto),”che, con Roberta Sebastiani, Alessandra Fontana, Claudia Vittori ed Emilia d’Elia compone la squadra di cardiologi dedicata ai trapianti di cuore. Ora il nostro compito è di tutelare il più possibile l’organo ricevuto, risultato di un grande gesto di generosità, che ha dato a Davide una nuova vita,” ha concluso il cardiochirurgo.

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