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Il 4 novembre scorso si è tenuto, presso l’Auditorium del Liceo Scientifico Mascheroni di Bergamo, un convegno incentrato sull’attuale e spinoso tema del cyberbullismo che in tale sede, è stato prospettato ai numerosi convenuti (per lo più genitori, insegnanti e adolescenti) da un punto di osservazione del tutto originale ed inconsueto.

L’Associazione di promozione sociale Zanshin Tech, con sede a Genova, si propone l’obiettivo di fornire gli strumenti di difesa – digitali e comportamentali – e di contrasto alle aggressioni digitali, operando una trasposizione culturale tra gli insegnamenti propri delle Arti Marziali orientali e le più innovative tecniche informatiche finalizzate al respingimento delle minacce e degli attacchi operati in rete, dove per rete intendiamo sia il contenitore di tutte le nuove forme di socializzazione o socialità, (social networks); sia le tecnologie che consentono la diffusione globale dell’informazione.

Zanshin Tech realizza concretamente un luogo dove le persone si allenano a riconoscere, affrontare e sconfiggere le aggressioni digitali. Il dojo non è fatto di tatami, ma di postazioni computerizzate sulle quali addestrarsi e divenire consapevoli dei rischi e dei pericoli che si annidano nelle fila di profili social fittizi, di posta elettronica fraudolenta, di chat, forum o gruppi di discussione locali o globali, che si rivelano essere soprattutto “piazze virtuali” dove mettere alla gogna gli individui.

Attualmente l’Associazione, oltre ad essere operativa nella città di Genova, si occupa di diffondere – nella fattispecie in scuole, istituti superiori ed associazioni sportive – questo particolare e nuovo approccio, ponendo l’accento sulla fondamentale considerazione che il mezzo attraverso cui si realizza la cyber violenza è virtuale, ma gli effetti sono assolutamente reali. E’ storia tristemente recente della trentenne Tiziana Cantone, suicidatasi in seguito alla involontaria ed inconsapevole diffusione on web di un video che la ritraeva durante un atto sessuale.

Resta da chiarire il dubbio con il quale si chiude il convegno: è ipotizzabile pensare che la via indicata dai fondatori della Zanshin Tech, possa assurgere a vero e proprio metodo, modus educandi per le giovanissime o giovani generazioni dei nativi digitali?

Non è forse più corretto parlare di una sorta di forma mentis da acquisire, che consenta ad ognuno di distinguere, in prima istanza, il verosimile dal vero e quindi operare azioni e riflessioni di salvaguardia?

Ancora una volta, il ruolo della famiglia e degli educatori a qualsiasi livello e categoria, è centrale e deve necessariamente percorrere il cammino della consapevolezza, non solo nella direzione di contrastare un’offesa od un torto subìto, ma segnatamente di non cagionarli.

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