Sotto processo 5 militanti del Comitato di lotta per la casa per l’occupazione di case abbandonate: “La nostra è stata un’azione sociale: nessun risarcimento al Comune.”
Bergamo, 13 giugno 2024 – Dopo l’occupazione di Via Monte Grigna 11, da parte del Comitato di lotta per la casa di Bergamo, oggi cinque appartenenti a tale Comitato affrontano un processo in cui palazzo Frizzoni si è costituito parte civile, chiedendo fino a 15mila euro di danni per ogni imputato: “Con la nostra azione paradossalmente si è speso meno per le persone in fragilità abitativa, non dobbiamo nessun risarcimento al Comune”. Intanto l’immobile, dopo che gli abitanti lo hanno lasciato nel 2020, è rimasto vuoto. Una storia che risale a qualche anno fa, al 2014 precisamente, quando un gruppo di attivisti del Comitato di lotta per la casa occupò la palazzina succitata.
Riapertura dell’immobile popolare di via Grigna
L’occupazione andò avanti fino a quando non arrivò il Covid-19: per sei anni l’immobile di case popolari venne riaperto, riqualificato e ripopolato: nel corso del tempo più di 50 persone, vittime dell’emergenza abitativa, lo hanno abitato. Ma oggi è tornato a essere vuoto. L’impegno del comitato era quello di aiutare chi non aveva una casa: chi viveva in occupazione veniva supportato nella ricerca di un alloggio stabile.
La dichiarazione del Comitato
“Di qui è passata una piccola comunità: quella dell’occupazione è stata un’esperienza di relazione, attivismo e solidarietà – dichiara il Comitato -. Nel corso degli anni un obiettivo politico è stato raggiunto: non solo l’immobile di Via Monte Grigna 11, ma anche quello al civico 13 sono stati spostati dal piano delle alienazioni, che ne prevedeva la vendita, ma ad oggi entrambi sono ancora senza abitanti. Il comitato ha dichiarato chiusa la sua attività dopo la pandemia, ma 5 persone oggi sono sotto processo con l’accusa di invasione di edifici e terreni. Si terrà il 19 giugno la prima udienza del processo, in cui il Comune di Bergamo si è costituito parte civile chiedendo un risarcimento fino a 15 mila euro per ogni imputato. La nostra presenza dal 2014 al 2020 ha riqualificato la palazzina, rendendo gli appartamenti abitabili. Le case erano vuote prima, con noi si sono riempite: la nostra è stata un’azione sociale e ci sono fotografie, video e altro materiale che documentano tutto questo. Dopo di noi le case sono rimaste vuote e non certo perché le case popolari non sono necessarie, anzi: dopo la pandemia sia nella nostra città che nella nostra provincia trovare una casa è sempre più complicato – prosegue il Comitato -. Se il Comune pretende dal Comitato un risarcimento, bisogna ricordare che la nostra azione sociale sul territorio ha tolto al Comune stesso dei costi. Facciamo un calcolo: utilizzando come riferimento i dati del bilancio sociale di Caritas Bergamo del 2017 (anno in cui l’occupazione era in corso), stimiamo che per ogni singolo utente adulto accolto in una struttura di accoglienza il costo fosse di 12 euro a notte per la permanenza notturna. Per l’housing sociale, che spesso viene offerto come soluzione a famiglie con bambini in situazioni di fragilità abitativa, il costo di un appartamento era di circa 25mila euro all’anno bastano tre anni di occupazione per risparmiare 75mila euro per ogni famiglia accolta e 13mila euro per ogni singolo accolto. In sei anni in Via Monte Grigna 11 sono passate circa 50 persone, tra singoli e famiglie: siamo ben oltre la cifra totale che il comune richiede in danni strutturali e morali al comitato. Non dobbiamo nessun risarcimento al Comune. Durante la campagna elettorale abbiamo visto diversi candidati di vari partiti spendersi sul tema della casa, ma cosa è stato fatto in questi anni? Ci si è accaniti su dei presunti occupanti: possibile che a fare le spese di questa situazione debbano essere coloro che sono in fragilità economica, quindi anche abitativa? Per questo chiediamo come Comitato una presa di posizione da parte di Elena Carnevali, sindaca neoeletta – aggiunge il Comitato – su questo tema. Le case di Via Monte Grigna 11 sono state rese abitabili, sono diventate un luogo di socialità e supporto reciproco tra chi aveva bisogno e, paradossalmente, hanno anche fatto risparmiare soldi alle realtà che, per conto dell’amministrazione, si occupano di accoglienza e supporto a chi è in fragilità abitativa. Come è possibile – conclude il Comitato – che da questa situazione il Comune abbia subito un danno materiale o addirittura morale?”