Si tratta della Concept bikeVision Next 100.
Nel corso dei festeggiamenti per i 100 anni BMW, Motorrad ha presentato la Concept bikeVision Next 100 e subito il web si è scatenato: ecco la moto del futuro, la moto che non ha bisogno del cavalletto, la moto che ci consentirà di non mettere più il casco e amenità varie. La guardo, stupito e meravigliato come tutti e poi mi chiedo: sì, va bene, ma poi… è ancora una moto?”. Trovo questa domanda difficile che mi gironzola per la testa – sostiene Carlo Portiolo, esperto moda e cultura custom – perché per rispondere bisogna sapere cosa sia esattamente ciò che rende una moto una moto… e non ho una risposta. Non sono perplesso dalla soluzioni tecnologiche innovative, perché chi ama la moto sa che tutta la sua storia è figlia della passione per la meccanica e per le performace: senza tecnologia e innovazione andremmo ancora a pedali. Il concept Bmw Motorrad regala soluzioni strabilianti da un motore a combustione ma a emissioni zero (qualcuno dice a idrogeno) in grado di variare la forma per esigenze aerodinamiche a un telaio flessibile e senza snodi, per una conduzione delle curve completamente nuova. Inoltre offre un sistema elettronico di bilanciamento che consente al mezzo di non cadere mai e parcheggiare senza cavalletto. Poi c’è una tuta smart (la chiamano “bionica”) che si parla con la moto e infine un visore di realtà aumentata su cui la moto proietta le informazioni su guida e ambiente circostante per garantire totale sicurezza, tanto da rendere inutile il casco… insomma, tra Harry Potter e Blade Runner. E trovo tutto questo esaltante – continua Portiolo – così come trovo eccezionale il design, le sue linee tracciate mantenendo proporzioni e angoli del telaio della R32, un gioiello della Repubblica di Weimar datato 1923. Il tutto mosso da un motore boxer futuristico, ma sempre esso. Bella, bassa e armoniosa, tra il naked e lo street fighter. Si ma allora? Dove stanno i dubbi? Forse mi manca solo la certezza che a saltarci sopra, ad accenderla e a partire si smuova ancora qualcosa tra cuore e pancia, qualcosa che mi emozioni accendendo i sogni. Sogni di una libertà semplice e un accogliente senso di distanza delle cose che normalmente opprimono il cuore e riempiono i pensieri. Quale sia la magia che accenda queste sensazioni e abbia spinto milioni di persone in un secolo ad andare in moto io non lo so, ma credo abbia a che fare con la naturale imperfezione, la spartana scomodità e il fascino dell’equilibrio instabile. Credo che le case motociclistiche dovrebbero assumere degli Head of Emotions oltre a capi ingegneri e Chief Designer. Gente che si occupi di testare i mezzi e garantire che quella fiammella che accende i sogni sia ancora da qualche parte dentro la moto. Non mi serve una moto che mi renda sempre reperibile, fornisca Big Data e mi proietti le email di lavoro sul visore, io quando salgo in moto voglio mettermi la spada, il cinturone e puntare dritto verso l’Isola Che Non C’è a combattere con i pirati e i cowboy. Quindi care case motociclistiche vi ricordo che avete una responsabilità ancora più grande che va oltre lo sviluppo di design e tecnologia: preservare la fiammella che accende i sogni e che spinge le persone a saltare su una moto e andare non importa dove. Che per andare da qui a lì in fretta ci sono già le auto, che bastano e avanzano”, conclude l’esperto Custom.