Adolescenti e bambini con difficoltà da educare alla pratica sportiva: a fare squadra sono i medici e psicologi della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ASST Papa Giovanni XXIII con tecnici e allenatori della ASD Rugby Bergamo 1950
Bergamo, 27 dicembre 2017
Una ventina di allenatori di rugby, si sono riuniti per parlare della gestione del minore attraverso l’attività sportiva di gruppo. L’incontro formativo, che si è tenuto nei giorni scorsi alla club house della Rugby Bergamo di via Pizzo della Presolana, è una delle iniziative previste da un progetto di collaborazione che vede lo staff del club giallorosso e i medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, uniti per valorizzare e mettere in rete le esperienze delle varie figure di educatori che interagiscono con i minori, soprattutto di quelli problematici.
Prendendo spunto da immagini e video, in qualità di educatori a tutti gli effetti, tali allenatori hanno potuto confrontarsi con gli psicologi e i neuropsichiatri infantili dell’anzidetto Ospedale, sulle esperienze maturate in anni di lavoro con i ragazzi, in allenamento e sul campo di rugby. Lo staff della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del nosocomio bergamasco ha approfondito le più recenti teorie sulle dinamiche di interazione basate sul contrasto e la non collaborazione. Il confronto è proseguito focalizzandosi sulla gestione di soggetti con deficit specifici e del cosiddetto bambino “difficile”.
La collaborazione tra ospedale e la “Rugby Bergamo 1950” ha avuto inizio nel novembre 2015 con la firma della convenzione tra i due partner. Grazie a questo progetto, alcuni adolescenti problematici seguiti dagli specialisti del Papa Giovanni XXIII sono stati indirizzati, d’accordo con i genitori, alla società sportiva, per cimentarsi con lo sport ovale. L’obiettivo è quello di rafforzare in tali pazienti valori quali la fiducia in se stessi, la collaborazione e il rispetto per gli allenatori, educatori e per i coetanei.
«Ci sono categorie diagnostiche per le quali è da tempo riconosciuto l’effetto positivo di sport come il rugby. Come nel caso dell’ADHD, disturbo da deficit di attenzione e iperattività – ha dichiarato Laura Salvoni, direttore della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del Papa Giovanni XXIII -. Agli allenatori offriamo supporto nella gestione di questi nostri pazienti nel contesto di gruppo. Abbiamo trovato nei volontari della Rugby Bergamo – ha continuato la neuropsichiatra – persone molto disponibili e disposte a mettersi in gioco, una dote rara che apprezziamo molto. L’altra attività che portiamo avanti con il club giallorosso – ha concluso – è quella di formazione e di informazione, in termini generali, sulle psicopatologie dell’adolescente e del bambino».
La collaborazione ha infatti un secondo obiettivo, di più ampio respiro. Il supporto degli specialisti ospedalieri punta infatti a diffondere tra dirigenti, allenatori, educatori e genitori, lo sviluppo di competenze teoriche e pratiche trasversali nella gestione dei ragazzi in un periodo delicato come quello dell’adolescenza.
La collaborazione della Rugby Bergamo con il Papa Giovanni XXIII non è un episodio isolato. Da sempre il rugby si distingue come sport attento alla dimensione sociale. Il tradizionale banchetto offerto a fine partita dai giocatori della squadra ospitante agli avversari – il cosiddetto “terzo tempo” – è un momento di socializzazione privo di degni paragoni sportivi. Da anni il club orobico – nato a metà del secolo scorso e che ora vanta più di 500 iscritti e una prima squadra impegnata nel girone 1 di serie B – è attento agli aspetti sociali, anche oltre i confini del “mondo ovale”.
Si dice molto soddisfatto lo psicologo Marco Gritti, dirigente di Rugby Bergamo 1950 e allenatore del settore giovanile:
«La collaborazione sta dando i primi frutti. I nostri allenatori e dirigenti- accompagnatori hanno molto apprezzato le indicazioni ricevute dagli esperti nella serata di formazione di novembre. Per una riuscita ottimale del progetto – Ha aggiunto Gritti – è vitale gestirne la sostenibilità attraverso la definizione della tipologia e del numero di minori coinvolgibili all’interno delle attività sportive, anche per questo motivo abbiamo attivato insieme all’equipe del Papa Giovanni XXIII lo sportello per l’accoglienza e l’ascolto delle famiglie e dei minori. Se nello sport, come nella vita, conta mettersi in gioco – ha concluso lo psicologo – insieme al Papa Giovanni XXIII lo stiamo facendo, per i ragazzi».