SHARE

E’ stato calcolato che le lavoratrici a domicilio “in nero”, di cui 8 indiane e un’italiana, venivano pagate a 0,50 centesimi di euro l’ora

La ditta di Credaro è stata sanzionata per complessivi 27 mila euro, l’obbligo di regolarizzare i lavoratori per l’intero periodo di lavoro prestato “in nero”, nonché l’intero pagamento dei contributi evasi

 

 

Bergamo, 30 dicembre 2017

Dopo la scoperta, la scorsa estate, di 26 lavoratori irregolari operanti a domicilio per conto di un’azienda manifatturiera del Basso Sebino impegnata nel settore della lavorazione della gomma, i Finanzieri della Brigata di Sarnico, nell’ambito di attività di controllo sul territorio per il contrasto del “lavoro sommerso”, hanno individuato un nuovo analogo caso. I militari, a seguito dell’attento monitoraggio del movimento merce sul territorio e attraverso appostamenti e pedinamenti, hanno sottoposto a controllo una ditta di Credaro (BG), gestita da una cittadina extracomunitaria, di origini indiane. Al momento del blitz, le Fiamme Gialle hanno identificati tutti i lavoratori presenti nell’azienda, intenti nell’esecuzione della cosiddetta “sbavatura” di guarnizioni in gomma. A seguito dei controlli documentali per accertare il rispetto degli obblighi fiscali e contributivi, i lavoratori presenti sono risultati in regola. A seguito di elementi investigativi, raccolti nella fase antecedente all’intervento e analizzando i documenti rinvenuti nella sede dell’azienda, i Finanzieri hanno però scoperto altre 9 lavoratrici che prestavano la propria opera a domicilio, completamente “in nero”, per conto dell’azienda, presso le rispettive abitazioni di Adrara San Rocco, Villongo e Castelli Calepio. Dalle successive attività investigative è emerso che le lavoratrici, di cui otto donne extracomunitarie di nazionalità indiana e un’italiana, venivano pagate in base al numero di pezzi lavorati e, pur lavorando alacremente, arrivavano a guadagnare un massimo di 250 euro al mese. In alcuni casi la paga è risultata di un euro per 1000 pezzi lavorati e, considerato che per eseguire la lavorazione di 1000 pezzi potevano essere necessarie anche due ore, è stato calcolato che il guadagno, di fatto, delle lavoratrici era di 0,50 centesimi di euro all’ora. Nei confronti dell’azienda sono state irrogate sanzioni per complessivi 27 mila euro, con obbligo di regolarizzare i lavoratori per l’intero periodo di lavoro prestato “in nero” e il  pagamento dei relativi contributi evasi. L’impegno profuso dei militari della Guardia di Finanza nel contrasto al “lavoro sommerso” rappresenta una delle priorità del servizio loro affidato dallo Stato, volto a evitare lo sfruttamento dei lavoratori e a tutelare, al tempo stesso, gli imprenditori onesti che agiscono nel rispetto della legge e che, a volte, subiscono una concorrenza sleale da chi opera irregolarmente, offrendo prestazioni e prodotti a prezzi “fuori mercato”.

LASCIA UN COMMENTO